A.bc
In Australia, sulle tracce di Chatwin 20 anni dopo Le Vie dei Canti Palazzo delle Esposizioni, Roma

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In Australia, in Chatwin's footsteps 20 years after The Songlines Palazzo Delle Esposizioni, Rome



 
«Le vie dei canti sono dappertutto, anche qui davanti a noi. Vedi quella montagna? Ce n’è una che passa su quella montagna. Non le mettiamo su una mappa, ma sono nella nostra testa, le insegniamo ai giovani. Vanno nel bush per mesi, a volte anche per anni, per imparare dai padri, dagli adulti. Se un bianco va verso quella montagna, o da quell’altra parte, nel deserto, a metà cammino può anche morire perché può avere la radio o l’auto, ma non ha la capacità di adattarsi. Noi invece sappiamo fare il fuoco, dove trovare l’acqua, ripararci in una caverna, sopravviviamo sempre. Nei miei quadri io metto questa conoscenza, quello che mio padre e mia madre mi hanno dato, i nostri Sogni». Michael Nelson Tjakamarra è uno dei più importanti pittori aborigeni. Da dietro gli occhiali scuri («devo proteggere i miei occhi dal sole, senza non potrei dipingere»), mostra con orgoglio il libro con le foto della sua infanzia, dei suoi luoghi, dei suo quadri. Anni? «Non so, forse 57. Sono nato nel bush, qui vicino. Noi non conosciamo bene la nostra età». È stato cacciatore di bufali, camionista, mandriano, ha lavorato nell’esercito e come impiegato, poi ha iniziato a dipingere. «Perché? Beh, perché la gente costruisce case o lavora in ufficio? L’ho fatto e lo faccio per fare soldi. È un lavoro. Sono molto fortunato. Sono diventato un pittore famoso, nel mondo». Mostra divertito la mano sinistra: «con questa mano dipingo, è la mano famosa»


 
«The Songlines are everywhere, even here, in front of us. Can you see that mountain over there? There is a line that crosses that mountain. We don’t put them on a map, but they are in our heads, we teach them to the young generations; they go into the bush for months, years sometimes, to learn from their fathers, from the adults. If a white man goes towards that mountain, or to the other side, in the desert, he may die halfway because he can have a radio, or a car,but he is not able to adapt to the environment. On theother hand, we know how to lit a fire, where to find water, how to find shelter in a cave, we can always survive. In my picture I put this knowledge, what my father and my mother have given me, our Dreams». Michael Nelson Tjakamarra is one of the most outstanding Aboriginal painters. From behind his dark sunglasses, («I must protect my eyes from the sun, without them I couldn’t paint»), he proudly shows the book with the pictures of his childhood, his places, his paintings. Age? I don’t know, maybe 57. I was born in the bush nearby. We don’t really know our age». He was a buffalo hunter, a truck driver, a herdsman, he worked for the army and as a clerk. Then he started to paint. «Why? Well, why do people build houses or work in an office? I have been doing it to make money. It’s a job, I’m very lucky. I’ve become a world famous painter» he shows his left hand, amused: «This is the hand I paint with, it’s the famous hand»
         



         
Michael Nelson davanti alla sua casa di Papunya, un insediamento aborigeno creato dal governo - nel deserto occidentale - trasferendo con la forza gruppi etnici diversi Michael Nelson in front of his house in Papunya, an Aboriginal settlement created by the government - in the western desert - by forcing different ethnic groups together